La Biblioteca Angelica

La Biblioteca Angelica

Gli ultimi anni del XVI secolo sono decisivi per la storia della biblioteca del convento di S. Agostino: la fusione con la raccolta dell’agostiniano Angelo Rocca e l’apertura al pubblico cambiano radicalmente il suo carattere.

La formazione della “nuova” biblioteca, che prenderà il nome di Angelica dal suo illuminato mecenate, Angelo Rocca, si articolerà in varie fasi che daranno origine ad una problematica spesso contraddittoria, relativa alla data della sua effettiva nascita.

Il progetto iniziale di Rocca prevedeva il lascito della biblioteca ad un convento agostiniano. Nel 1586 Rocca ottiene dal Priore generale Taddeo da Perugia l’autorizzazione ad impiegare per la sua biblioteca le elemosine raccolte a tale scopo. Il programma è quasi attuato nel 1595, quando il papa Clemente VIII con il Breve Angelus Rocca Episcopus Tagastensis potest donare Bibliothecam a se acquisitam autorizza Rocca a donare la sua biblioteca ad un convento dell’ordine agostiniano da lui stesso prescelto, dispensandolo così dall’obbligo di lasciarlo al convento di origine della città di Camerino.

Non si conosce l’anno esatto in cui la biblioteca di Rocca fu realmente affidata al convento di S. Agostino, anche se alcuni documenti possono offrire degli orientamenti. Il primo documento nel quale si legge di un’ospitalità offerta ad Angelo Rocca dagli agostiniani risale al 1600. Dal Libro delle Proposte del convento, conservato presso l’Archivio di Stato di Roma, risulta che il 21 giugno di quell’anno i Padri decisero di concedere “le camere de sopra al forno unite a quelle del padre agostiniano Norma Romano all’Ill.mo e Rev.mo Mons. Sacrista il padre Angelo Rocca […] per le fatiche onorate […]”. Si tratta probabilmente di locali per i libri e non per abitazione, dal momento che la carica di Sacrista Pontificio impegnava Rocca nei Palazzi Vaticani. Più esplicita è una nota contenuta nel Libro delle Proposte del 1605, dove si stabilisce di “consegnar il luocho della libraria a Mons. Rev. Sacrista per farvi dentro una libraria di tutti gli suoi libri […]”.

In quegli stessi anni, tra il 1600 e il 1605, maturò nel vescovo agostiniano l’idea di lasciare la sua Biblioteca a “beneficio pubblico”, come mostravano anche le due lapidi di marmo che erano murate al lato sinistro e al lato destro della porta di ingresso della biblioteca e tuttora esistenti su una delle pareti che fiancheggiano la scala di accesso alla biblioteca. Nella prima lapide viene precisata la funzione pubblica della biblioteca, aperta al pubblico senza limitazioni di stato e di censo, mentre la seconda lapide contiene il testo della scomunica papale ai danni di coloro che asportano libri dalla biblioteca.

Nel 1609, un Breve di Paolo V autorizza nuovamente Angelo Rocca a cedere la Biblioteca ad un convento, specificando questa volta la sua destinazione pubblica: “non solum ad fratrum sui Ordinis commodum, verum etiam ad aliorum Fratrum cuiuscumque Ordinis, necon Presbyterorum seculiarum, et laicorum, et quorumcunque utilitatem”.

L’ultima tappa “ufficiale” del lascito della biblioteca agli agostiniani è la stesura e la firma, il 23 ottobre 1614, dell’Instrumentum authenticum donationis davanti al notaio Celso Cusano. Probabilmente il Rocca attese fino al 1614, circa venti anni dal Breve di Clemente VIII, per mantenere il più possibile il controllo personale della sua biblioteca e per ottenere dagli agostiniani il rispetto del carattere pubblico della sua istituzione.

Anche se l’atto giuridico della donazione avvenne solo nel 1614, la biblioteca era già una realtà operante da tempo, come dimostrano le lapidi del 1604 che specificano la funzione pubblica della biblioteca e il volumetto del 1608 Bibliotheca Angelica Litteratorum Litterarumque amatorum commoditati dicata, che contiene un preciso schema di classificazione in classi e sottoclassi dei volumi posseduti. Questo volume, che raffigura un ordinamento reale dei libri e non una sistemazione ideale, costituisce la prova dell’esistenza concreta ed operante della biblioteca Angelica già in un periodo anteriore all’atto giuridico del 1614. Queste prove sarebbero sufficienti a sancire la maggiore antichità dell’Angelica non solo rispetto all’Ambrosiana di Milano, aperta al pubblico nel 1608, ma anche rispetto alla Bodleiana di Oxford inaugurata nel 1609.

Con l’Instrumentum authenticum donationis furono stabilite le norme che regolamentavano la nuova biblioteca: l’elezione del bibliotecario, il prestito, la distribuzione e la ricollocazione dei volumi, la vendita dei doppi, il restauro dei volumi e le operazioni di apertura e di chiusura dei locali. In particolare il Bibliotecario, nominato da un apposito Consiglio dell’Ordine Agostiniano, amministrava personalmente le rendite e solo una volta l’anno doveva presentare i suoi conti al Generale dell’Ordine.

La Biblioteca doveva disporre di una sola chiave e questa doveva essere sempre in possesso del Bibliotecario. Come primo esempio di biblioteca pubblica in Roma, il donatore stabiliva che il bibliotecario o il custode dovessero aprire la biblioteca due volte al giorno eccetto il giovedì: la mattina prima del pranzo e il pomeriggio due ore dopo il vespro nel tempo dello studio in convento. Su richiesta si poteva aprire la biblioteca anche al di fuori di questi orari.

La scelta di Rocca di affidare agli agostiniani la gestione della Biblioteca con il tempo si rivelò molto valida. I frati, consapevoli custodi di una raccolta così preziosa furono infatti i suoi fedeli esecutori testamentari e, oltre a garantire l’apertura al pubblico, curarono la conservazione e l’accrescimento del patrimonio librario. Il carattere dell’antica biblioteca agostiniana veniva a questo punto completamente stravolto: sia naturalmente con la trasformazione in biblioteca pubblica, sia con l’ampliamento di alcuni settori prima trascurati della raccolta. La parte più cospicua della raccolta restava sempre quella di carattere religioso, anche se erano presenti molti testi della letteratura classica e contemporanea, opere di storia, scienze naturali, mappe e piante. Gli agostiniani ebbero cura anche dei locali della biblioteca e, circa trent’anni dopo la morte di Angelo Rocca, acquistate le casupole tra la piazza di Sant’Agostino e via della Scrofa, le demolirono e in quell’area costruirono un’ala del convento in cui trovò posto la nuova libraria. Il progetto fu affidato a Francesco Borromini, il famoso architetto che aveva lavorato già alla costruzione di due biblioteche romane: la Vallicelliana e la Sapienza. Borromini “delineò” la nuova biblioteca, lasciandone l’esecuzione al suo assistente Francesco Righi. La biblioteca disegnata da Borromini ed eseguita da Righi oggi non esiste più: l’attuale struttura della Biblioteca Angelica risale alla metà del XVIII secolo, quando gli agostiniani avviarono una imponente opera di ricostruzione del convento, affidando l’incarico all’architetto Luigi Vanvitelli.

La fama della biblioteca si sviluppò enormemente: la chiesa di S. Agostino e l’attigua biblioteca Angelica, citata come prima biblioteca pubblica di Roma, vennero inserite nella letteratura periegetica contemporanea e divennero tappe obbligate della visita alla città. Già nel 1627, Gabriel Naudé nel suo Advis pour dresser une bibliothèque cita l’Angelica come una delle prime biblioteche aperte al pubblico, con l’Ambrosiana di Milano e la Bodleiana di Oxford.

Angelo Rocca fu il primo a realizzare concretamente un’intuizione che era stata di molti. Egli era riuscito a formulare per primo e a fare approvare dai Pontefici uno schema giuridico che gli consentisse di dar vita ad un’istituzione assolutamente inedita, ottenendo dagli Agostiniani non solo l’adesione al progetto ma anche le necessarie garanzie per la sua durata nel tempo.