De civitate Dei
Il De civitate Dei è comunemente considerato il terzo e ultimo incunabolo realizzato da Sweynheym e Pannartz a Subiaco. Alcuni studiosi, invece, ritengono sia stato stampato dopo il loro trasferimento a Roma. Carla Frova e Massimo Miglio ritengono possa trattarsi di una stampa sublacense, ma ipotizzano che l’impresa possa essere stata portata a termine, dopo la partenza per Roma dei due prototipografi, da un gruppo di monaci del Monastero in grado di assumersi tale compito. In questa edizione il carattere latino usato è particolarmente interessante perchè consiste nell’unione tra maiuscole romane e minuscole semigotiche. L’esemplare presenta, nel margine inferiore della carta [15 r.], all’interno di una corona d’alloro riccamente decorata, S. Agostino allo scrittoio, alle spalle del santo si scorge la raffigurazione di un paesaggio. La corona si estende in due volute laterali sorrette a sinistra da un putto, a destra da un putto e un amorino. Nelle volute si trovano due scudi araldici appartenenti alla famiglia Martinozzi di Fano. La legatura è in pelle rossiccia con semplice riquadratura in oro sui piatti, dorso con fregi e titolo in oro (sec. XVIII). L’esemplare angelicano proviene dalla Biblioteca Passionei.